Il ritorno di Gandolin
E' passato molto tempo da quando, su queste pagine, ebbimo modo di veder vergato il nome del grande inviato noto con lo pseudonimo di Gandolin. So di certo che molti Lettori avevano oramai pronosticato un insabbiamento, un oblio, un velo di dimenticanza posto sopra alla indagine riguardante l'assassino di Londra Jack lo Squartatore, nome ormai diffusosi anche qui in Italia. E invece no, cari Lettori! Qui al Telegrafo non si abbandonano le storie e si persegue giorno dopo giorno la ricerca della verità. Proprio come ha fatto il Gandolin che, dopo l'avventura sui tetti nella natia Genova, ha continuato a scavare alla ricerca di fatti da riportarVi a scapito della propria pelle e ci ha fatto pervenire, attraverso mille tribolazioni, un dagherrotipo che lo ritrae in uno dei suoi ultimi travestimenti ed un nuovo dirompente articolo che noi umilmente affidiamo alla Vostra lettura.
Innanzi tutto, illustrissimi Lettori, devo chiedere il Vostro perdono per la mia disparizione dalle pagine di questo benemerito giornale; la mia assenza, lunga ben 24 mesi, è parsa a me un supplizio e vi assicuro che più volte sono stato sul punto di tornare, scrivendo qualche articolino politico, qualche elzeviro, anche un misero trafiletto di mondanità solo per riassaporare il gusto di infilar la penna nel calamaio. Purtroppo le circostanze, di cui tra poco inizierò a raccontare, mi costrinsero a vivere in clandestinità e mi resero impossibile, fino a ieri l'altro, inviare alcun articolo alla redazione senza incorrere in pericolo mortale.
Se ben Vi ricordate, due anni fai riportai su codesto giornale un dettagliato resoconto di un'avventura successami a Genova e in cui avevo quasi tirato i cracchi, come dicono all'ombra di San Giusto. Mi ero ritrovato nel bel mezzo di una sparatoria tra quello che scopersi successivamente essere un agente della Pinkerton, tale Smith, e una imprecisata canaglia, anch'essa anglofona, che solo per un pelo non mi avea ridotto un colabrodo. Devo ammettere che da principio il mio atteggiamenteo verso questo episodio fu di terrorizzata fatalità, ebbi la iella di trovarmi nel posto sbagliato al momento sbagliato e sopra a tutto, in compagnia dell'uomo sbagliato. Passarono i giorni e alla fine passò pure la tremarella che accompagnava ogni mio passo; eppure qualcosa non mi convinceva, avevo un cruccio, il pensiero di non aver tenuto conto di qualcosa. Un bel giorno del novembre successivo la mia idee fixe si sbloccò e capii: e se l’oggetto di siffatto vigliacco attentato fossi stato proprio io? Mi risposi prontamente che in Genova e nella Liguria tutta non c’è persona con meno nemici del sottoscritto. Forse qualcheduno non voleva che quel giorno incontrassi l’Ispettore Lestrade (fatto che puntualmente capitò a causa delle lungaggini capitate con i carabinieri successivamente alla sparatoria) e lo intervistassi in merito al caso di Jack lo Squartatore?. Se questo era il motivo certamente erano le mie domande che preoccupavano l’attentatore, in quanto i fatti dell’indagine di Londra erano ormai di dominio pubblico nella capitale d’oltremanica e la ricerca del colpevole si era oramai arenata da più d’un anno. Evidentemente qualcosa di cui io avevo notizia non doveva essere comunicata all’ispettore e indirettamente al suo conoscente Sherlock Holmes che, nonostante il tempo passato dai delitti, non si era ancora arreso e restava pervicamente impegnato nella investigazione. Restava da scoprire qual’era questa informazione che tanti perigli mi aveva causato. Spremetti fortissimamente le meningi e scandagliai in profondità il mio archivio finchè non mi capitò sotto il naso una intervista da me realizzata al Professore Orfanik, famigerato e discusso scienziato alemanno, alcuni mesi prima dei fatti e mai pubblicata da niuno giornale. Trovandosi in Milano per una conferenza il professore accettò di rispondere alle mie domande davanti ad un piatto di risotto allo zafferano; da principio il professore rivelò quel carattere burbero e incline all’ira che tanti conoscono ma dopo i primi fraintendimenti, e una dozzina di bicchieri di barbera, egli si liberò della rigidità teutonica e mi parlò amabilmente delle sue ricerche. Fra un’ode di Schiller, diversi insulti ai professori Koch e Von Helmholtz e qualche sguaiato complimento alla cameriera, Orfanik si lasciò andare ad una descrizione delle sue ultime ricerche nel campo della fisica, della chimica, dell’elettromagnetismo, del mesmerismo e di altri sconvolgenti argomenti che vi svelerò nel prossimo articolo sulle pagine di questo giornale.
Gandolin, 22 ottobre 1891.
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