Incontri bizzarri in Provenza

Nella terra di Giotto e Leonardo può sembrare un fatto incredibile, ma in Francia gli imbrattatele con turbe psichiche se ne vanno in giro a piede libero. L’anno scorso ero in viaggio nei pressi di Arles, una ridente cittadina provenzale (di cui vediamo una bella immagine qui a fianco fresca di sviluppo), quando, colto da un’improvvisa colica, chiesi riparo per la notte ad un albergatore campagnuolo. Durante la notte, che trascorsi insonne a cagione del mal di ventre, potei sentire rumori di un parapiglia venire dalla stanza accanto alla mia. Pareva che due gorilla si stessero azzuffando, e non potei che accostare l’orecchio alla parete, anche se a parte alcune parole bofonchiate in una lingua incomprensibile, non riuscii ad intendere nulla di chiaro. Il mattino dopo, seppi che due pittori locali, un francese, un certo Gonghén, o qualcosa del genere, e un olandese svitato, Vincenzo Van Grog, se l’erano date di santa ragione. Per curiosità chiesi al proprietario dell’albergo se potevo dare un’occhiata alle “opere” di quei due individui. Proprio in quel mentre arrivò il Van Grog: un rosso dagli occhi spiritati che avrebbe destato l’interesse del Dottor Lombroso (e ho saputo da un amico che qualche mese fa, in maggio, si è fatto ricoverare in un manicomio). Aveva un orecchio fasciato, probabile conseguenza della rissa notturna, a mala pena coperto da una fasciatura tenuta ferma da un capellaccio floscio. Dopo che il proprietario gli ebbe sussurrato qualcosa, il pittore, in un francese biasciato, ebbe a chiedermi se volessi, a rimborso della notte insonne, uno dei suoi quadri. Dal tabarro estrasse uno scarabocchio che doveva rappresentare, con dei colori irreali, un vaso di girasoli. Subito dopo il suo amico francese mise il naso fuori da una porticina, e si offerse anche lui di donarmi un disegno che pareva tracciato da un primitivo. Io rifiutai i doni, fingendomi lusingato. Ma dentro di me pensavo al mio bel salotto, con il paesaggio laziale dipinto da Tiberio Trefolotti, i cani da caccia di Filopanti, le ceramiche del Donati, e gonfio d’orgoglio ho pensato ai miei discendenti, fieri di aver ereditato opere preziose e buon gusto dal loro avo. Altro che olandesi pazzi.

Saturnino Farandola, 12 ottobre 1889.

2 commenti:

  1. Parole sante caro Farandola! E, se posso permettermi, desidererei aggiungere alcuni nomi di illustri pittori italici a noi contemporanei, alla sua già illustre lista. In particolare ci terrei a citare Giovanni Persiconi e le sue sculture lignee raffiguranti carpe e tinche del lago Trasimeno, Gennaro Esposito Lo Russo Ruotolo, di antica famiglia partenopea, e le sue acqueforti raffiguranti Pulcinella, la pizza e il Vesuvio. Come non citare poi, Teomondo Scrofalo e il suo quadro più famoso "San Gerolamo all'osteria travestito da contadino ". Ma il nome più importante di tutti è senz'altro quello del Visconte Amedeo Crosta, un nome che d'ora in poi verrà usato per sempre come sinonimo di opera d'arte.

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  2. Persiconi, Scrofalo... Il Visconte Crosta. L'eredità di Michelangiolo è al sicuro nella capaci e artistiche mani di cotanti nomi. E' una consolazione sapere che uomini simili porteranno alta la fama della nostra bella patria ai posteri. Segnalo alla vostra attenzione una famiglia di gran talento. Si tratta di due fratelli romani: Geracle e Anacleto Staccolanana.

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