Traditor a cinque stelle!

Cari Lettori, sento il bisogno di confessarmi qui, ora, sulle pagine del Nostro Telegrafo: sono passati già più di vent'anni dall'audace breccia che i bersaglieri del 34° reggimento comandati dal povero Maggiore Pagliari aprirono a Porta Pia ma ancor non riesco ad abituarmi all'aere mefitica della palude romana, agli olezzi provenienti dalle stanze politiche dei palazzi governativi, agli intrighi fratricidi dei novelli Brutii e Cassii.
Bando alle metafore, cosa è successo il 17 febbraio scorso? Il governo di sua Ecc.za il marchese di Rudinì, che omaggiamo con un dagherrotipo, dopo aver posto alla votazione della Camera dei Deputati del Regno la Legge di politica finanziaria per l'anno corrente ottiene il voto di fiducia dell'emiciclo con il risultato di 261 voti favorevoli a fronte di 167 contrari. Ma, come quando il fuoco nel camino sembra spento e invece le braci covano ardenti sotto la cenere, nel Governo la soddisfazione per la votazione positiva ha solo nascosto le polemiche che divampavano al suo interno, aizzate da Luigi Pelloux, Generale a cinque stelle e Ministro della Guerra, che ha deciso di sbattere i piedi, non per mettersi sull'attenti, ma per protestare per i tagli agli armamenti come un bambinello minchione a cui è stato tolto il giocattolo preferito. Alle sciocche rimostranze del Pelloux infatti si sono subito attaccati i disfattisti, democratici e sediziosi della peggior specie. Sappiamo bene che chi tira le fila di questi tumulti interni alla maggioranza non è il pentastellato Pelloux, che come i pupi siciliani muove la spada su ordine altrui, e nemmeno il progressista Giolitti, che mostrando sfrontata ambizione cerca di tagliare i fili che lo comandano. Noi sappiamo bene che il puparo di questo vergognoso attacco alla figura senza macchia del Rudinì, alla politica del Governo del Regno e, ci permettiamo, anche direttamente a Sua Maestà, che al Presidente del Consiglio ha conferito l'incarico di Governo, risponde al nome di Francesco Crispi, grande vecchio della politica degli inganni e dei coltelli. Sappiamo bene quale sia il senno di questo omuncolo e l'odio che questo mazziniano della malora prova verso le istituzioni monarchiche tanto che porterebbe ben volentieri le casse dello Stato alla bancarotta pur di minare le fondamenta della nostra amata Italia e veder nascere dalle sue ceneri la fenice anarchica o peggio socialista.
Ah, se solo Emilio Caporali avesse scagliato più forte quel sasso qualche anno fa; forse avrebbe messo a tacere per sempre questa jattura dell'umanità o almeno avrebbe potuto fargli entrare un po' di sale in quella zucca pelata.
Ora il Governo è sul bordo di un altissimo precipizio e solo la maestria del marchese di Rudinì può evitare al paese di sfracellarsi sugli scogli della crisi politica. Siamo sicuri che ci riuscirà e che uscirà ben presto da questo cimento più forte che pria.
Per quanto riguarda i miei giudizi sulle disgrazie che hanno causato lo sconquasso che stiamo vivendo non mi pento di niuna parola e rimango a disposizione di qualsivoglia soddisfazione che i nominati vogliano richiedermi. Quando i pusillanimi si sentiranno in animo potranno contattare i miei padrini Saturnino Farandola e il Dottor Stampacchia, medico della Real Casa.

Mastro Ciliegia, 29 marzo 1892.

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