Misteri un corno! D'Africa.

Come ben tutti i nostri cari lettori sanno, lo scorso 2 maggio il plenipotenziario del Re nel Corno d'Africa, Pietro Antonelli, e il negus etiopico Menelik II, hanno sottoscritto in quel di Uccialli un trattato. Codesto accordo sancisce definitivamente la sovranità italiana sull'Eritrea e affida al Governo di SM la gestione delle relazioni internazionali dell'Abissinia. Questo punto fondamentale è stato subito chiarito durante le trattative e riportato sulla carta dall'inchiostro della penna pacificatrice.
Gli abissini si sono mostrati ben contenti di tutti gli aspetti del trattato, o almeno di quasi tutti. Pare infatti che si siano risentiti per un dettaglio di interpretazione dovuto alla traslitterazione del testo dalla lingua dantesca al loro gergo farfugliante. Sarà sicuramente una diatriba di poco conto, magari sul numero di capre che il nostro Governo deve inviare al Negus quale dono di compleanno o qualche altra minima incomprensione. Di sicuro nulla che può inficiare il destino di questo storico accordo di pace. Pace che, siamo più che sicuri, durerà in eterno.
Tra le righe del trattato spicca la clausola che prevede l'organizzazione, da parte della Regia Accademia di Geografia e Storia, di alcune spedizioni di studio. Seguendo le orme di grandi esploratori quali Giovanni Battista Belzoni, Giovanni Chiarini ed il friulano Savorgnan di Brazzà, che in questi anni ha così tanto onorato il suo paese natale, si eseguiranno studi del territorio, delle popolazioni, delle loro usanze, nonchè delle numerose vestigia degli antichi imperi copti. In particolare, secondo quanto apprendiamo da indiscrezioni provenienti dall'Accademia, si starebbe progettando una spedizione verso il regno del Limmu; un territorio già esplorato dal povero Chiarini, di cui riportiamo a fianco un commovente ritratto, di ritorno dal quale egli trovò la morte nelle prigioni della Regina del Ghera Ghennè-Fa.
Qualche giorno orsono il chiarissimo Professor Giovanni Maria De Magistris, dell'Università di Pinerolo, ha esposto direttamente a SM Umberto, durante una partita di caccia al camoscio, il progetto per una spedizione verso una grotta nei pressi di Lagamara nella regione di Galla. Scoperta da due ufficiali del Regio Esercito durante la guerra, la grotta sembra custodisca una chiesetta molto antica dedicata a S. Giovanni. In ambito accademico già molti pensano che ci siano buone possibilità che questa spedizione possa svelare finalmente uno dei grandi misteri dell'archeologia: il luogo della tomba del prete Gianni e il nascondiglio dell'immenso tesoro del suo regno. Ma bisogna far presto! Francesi, tedeschi e inglesi non stanno a guardare, soprattutto dopo il grande ritrovamento delle miniere di Re Salomone da parte del Prof. Quatermain.
Quali tesori porterà alla luce questo viaggio lo staremo a vedere, di sicuro il Telegrafo a Vapore lo seguirà in prima persona con un inviato di punta, il nostro Armando Rognanera, per fornirvi fino all'ultima goccia il succo dell'avventura.

Mastro Ciliegia, 11 dicembre 1890.

2 commenti:

  1. Anonimo09:05

    Caro Mastro Ciliegia, ringraziandola per il bel ritratto del Chiarini, realmente commovente, le chiedo se per caso fosse disposto a contribuire con qualche soldo ad un'iniziativa meritevole, alla quale non è estraneo lo stesso Rognanera: la creazione di una Loggia di gentiluomini straordinari. Lo scopo della Loggia sarebbe proprio quello di intraprendere spedizioni in luoghi misteriosi e di salvare la nostra bella italia in caso di invasioni di stranieri bellicosi o di di moti rivoluzionari. Tra i fautori dell'iniziativa, oltre allo Stamapacchia, vi sono anche un patriota aretino, un certo Anacleto Gelli, e un romano, Tarcisio Costanzo.

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  2. Caro collega, come tutti i giornalisti che possono camminare degni di questo nome, non posso che aderire con fervore all'ennesima Loggia di Muratori e Muratrici. Non avendo letto nella Sua lettera alcun riferimento a quale nome vorrete dare a questa congrega, io vorrei proporre il nome di "Sacra Loggia Prosopopea Bis". Eviterei nella scelta del nome la parola Muratrici a causa di uno spiacevole fatto avvenuto qualche anno fa presso una loggia che frequentavo a Voghera. In seguito ad un qui pro quo tipografico nella stampa degli opuscoli una u ed una a si tramutarono misteriosamente in delle scandalose e. Successero due pandemoni e ammetto di aver salvato la pelle solo per l'intercessione della badessa del locale monastero.

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